Inuit, a volte ritornano

E’ un popolo che non ha mai fatto la guerra a nessuno. Non concepisce il possesso e la proprietà privata: né per le cose materiali né, peggio, per le persone. Non ha capi né governi: la comunità si autoregola senza imposizioni di nessuno e si basa sulla solidarietà tra villaggi. L’educazione dei bambini ha una grande importanza e si basa sostanzialmente sull’esempio degli adulti. Che raramente alzano le voce, sgridano o puniscono i piccoli: in questo modo crescono liberi e privi di inibizioni e di limiti imposti, quasi ignari dei concetti di punizione e castigo. 

E’ un popolo che vive in equilibrio con l’ambiente: caccia quando ha bisogno, prelevando solo quel che serve per vivere. Non pratica l’accumulo, l’allevamento e quindi neppure il commercio. Nessuno ha migliaia di foche da allevare: sono già lì, in mare, a disposizione. Quando si ha fame, se ne prende una. Non 100 o 1000, solo l’indispensabile. E così che funziona da millenni, in perfetto equilibrio perché l’uomo è inserito pienamente nel ciclo naturale e nell’ecosistema: non sfrutta le risorse allo spasimo, impoverendo, avvelenando o peggio distruggendo l’ambiente. Sono gli Inuit, un antico popolo che abita le regioni artiche, dal Canada settentrionale fino alla Siberia e alla Groenlandia.

L’esperimento sociale

Nel 1951 gli Inuit che vivevano in Groenlandia furono oggetto di un atroce esperimento sociale del governo danese: 22 bambini, tra i cinque e gli otto anni, furono sottratti alle loro famiglie e deportati in Danimarca, dove sarebbero stati “rieducati” per diventare dei perfetti danesi. Lo scopo era quello di risolvere il presunto arretramento sociale e culturale degli Inuit, che all’epoca vivevano cacciando le foche e non parlavano danese. Negli  insediamenti era comune la tubercolosi.

Per risolvere questi problemi, le autorità danesi pensarono di educare una ventina di bambini secondo il modello danese, in modo che, tornati a casa, essi potessero essere un’elite in grado di guidare il progresso del loro popolo secondo il modello immaginato dal governo. Le famiglie furono convinte a cedere i figli con la promessa di dar loro una ottima istruzione e quindi un futuro migliore.

Appena arrivati in Danimarca, i bambini furono confinati in una fattoria isolata e messi in quarantena, per timore che potessero portare malattie. Successivamente furono dati in affidamento a varie famiglie danesi. Qualcuno si trovò male, altri meglio, ma quasi tutti provarono a lungo un senso di spaesamento e di tristezza per essere stati strappati alle loro famiglie. In quelle nuove si parlava solo danese e i bambini furono costretti, sentendosi degli estranei, a imparare una lingua che non conoscevano.

Un parte fu definitivamente adottata dalle famiglie che li aveva in affidamento, un’altra fece ritorno in Groenlandia anni dopo. Per evitare che “regredissero” a contatto con il loro ambiente di origine, furono costretti a vivere in un orfanatrofio, con pochi e sporadici contatti con le loro famiglie, col divieto di parlare groenlandese ed avere contatti coi loro coetanei rimasti sull’isola. 

Alcuni diventarono dei disadattati, dei senzatetto, degli alcolisti, qualcuno si suicidò. Solo in età adulta è stata raccontata loro la verità e i dettagli del progetto cui erano stati destinati inconsapevolmente, senza che le famiglie avessero ben compreso interamente la questione. Settanta anni dopo, il governo danese si scusò con i superstiti dell’esperimento, che nel frattempo avevano intentato una causa per la violenza subita. I sei superstiti ormai settantenni ricevettero dal governo, oltre alle scuse formali, 250.000 corone, equivalenti a circa 33.600 euro

Inuit e intelligenza artificiale

Compilo dunque il prompt e lancio il render dell’intelligenza artificiale. Dopo poche decine di secondi, eccoli che appaiono. Sono gli Inuit, gli indigeni delle regioni artiche. Guardo le loro facce, mi interrogo. Chi sono questi esseri che mi guardano? Da dove vengono? Dalle più remote regioni del pianeta riemergono dall’oblio risvegliati dall’intelligenza artificiale, e da un tizio davanti a un pc che sta in un puntino insignificante del nord Italia (io). 

Devo dire che trovo queste immagini quasi commoventi: sono ritratti di persone immaginarie, eppure sembrano così vere. Perché l’intelligenza artificiale elabora milioni di foto e immagini esistenti, non è in grado di creare nulla dal niente. Queste immagini sono dunque un lontano riflesso di persone realmente esistite, “rivitalizzate” da un algoritmo di un computer. Tutte le immagini di questo articolo sono state generate tramite l’intelligenza artificiale.

Certo l’intelligenza artificiale di Midjourney è ancora acerba e tutt’altro che perfetta: a volte sembra di intravedere in qualche volto le sembianze sospette di Mike Tyson o di Toro Seduto. Ma in fondo che importanza ha? La specie umana non è forse un miscuglio infinito di etnie diverse? Lascio il dibattito sulla fedeltà storica ad altri.

Non conoscevo la storia dei bambini Inuit deportati: l’ho scoperta casualmente, cercando di documentarmi meglio per scrivere dei comandi pertinenti per l’intelligenza artificiale. In questo senso l’intelligenza artificiale mi ha aperto una nuova finestra sul passato che conoscevo poco. 

Tutto questo ha aperto ovviamente a riflessioni più generali. Anche gli Inuit sopravvissuti fino ai giorni nostri saranno alla fine cancellati. Spazzati via come gli indiani nativi delle americhe, dall’artico all’antartico. Le popolazioni locali che hanno resistito fino ai giorni nostri sono quelle che abitano le regioni più inospitali e remote del pianeta. Ma sono destinate anche loro a scomparire prima o poi: magari con metodi meno cruenti che in passato, ma più sottili, subdoli e pervasivi. 

L’uomo europeo occidentale, con la sua cultura e tecnologia, ha ormai colonizzato l’intero pianeta a tutte le latitudini. Non si fermerà davanti a nulla e nessuno. Anche gli Inuit di oggi sono vittime delle forti pressioni socio-economiche che stanno alterando profondamente la loro cultura: miseria, alcolismo, altissimo tasso di suicidi sono infatti tra le piaghe che affliggono la popolazione. Il paradosso è che associazioni come WWF e Greenpace sono riuscite a imporre il divieto della caccia alla foca e relativo export, privando improvvisamente di ogni sostegno economico la popolazione Inuit che tentava di sopravvivere nell’epoca moderna, e che è stata costretta quindi a vivere di sussidi statali.

L’uomo è ormai la metastasi del pianeta: dopo aver predato l’ambiente, prederà se stesso, fino alla completa autodistruzione. Le “sveglie” epocali del virus, del riscaldamento globale e della siccità, sono puntualmente ignorate. 

Un commento

  1. Complimenti x le stupende immagini e x quanto scritto, molto triste sapere che gli hanno fatto quanto riportato non avrei mai immaginato che i Danesi arrivassero a tanto!!’ L’uomo stà distruggendo questo meraviglioso pianeta solo a scopo di fare soldi!

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